Scuola

L’infinito e me

Arrivati in terza media, c’è un nuovo personaggio che dobbiamo conoscere: Giacomo Leopardi.
Se sentiamo il suo nome, quasi sicuramente, ci verrà in mente la sua poesia più famosa: L’infinito.
Questa poesia, letta in classe, studiata a memoria e approfondita nel suo significato, mi ha vagamente ricordato me stessa.
Viaggiare con la mente non mi è nuovo: sono solita provare a meditare quando sono stressata, stanca o se ho semplicemente bisogno di staccare la spina. Per quanto possa sembrare una cosa comune e uguale per tutti, vi posso assicurare che non lo è.
Ho raccontato delle volte, anche in classe, queste mie esperienze, che considero profonde, ritrovandomi con degli sguardi sconcertati e quasi increduli sulle sensazioni di cui ho parlato e che dico di aver provato.
Pur essendo complicato da spiegare cosa succede in questi momenti, io non posso non provare a spiegarlo con le parole. Più solitamente mi ritrovo in camera mia a meditare e a concentrarmi su me stessa, ma non sempre riesco a rilassarmi dentro casa.
Quando realizzo di aver bisogno di un luogo più adatto, ricorro alla natura.
Accanto ad un ruscello, vicino agli alberi, seduta sul prato respirando aria pulita e fresca. Quando sono lì, mi è più semplice rilassarmi. Mi concentro sui suoni docili della natura: l’acqua che scorre, il vento che accarezza le foglie, il canto degli uccelli e tutti gli altri suoni presenti intorno a me.
Penso alla loro provenienza, penso che quei suoni facciano parte di me. Penso solo a me stessa come una coscienza nell’infinito, al centro di esso. Io sono quei suoni, io sono la natura. Con le mani cerco contatto con l’erba, e chiudo gli occhi per vedere com’è fatta, cercando di fare attenzione a tutto ciò che riesco a percepire con il palmo delle mie mani.
Mentre tocco quell’erba, piano piano è come se diventasse parte di me. Non la sento più, perché io sono l’erba. Io sono tutto lo spazio, tutto ciò che mi circonda sono io.
Io sono l’infinito.
Mentre perdo il mio corpo, senza sentirne più il peso, percepisco il vuoto attorno alla mia mente.
Un immenso buco senza fondo.
I suoni ormai sovrastano il mio udito.
I miei occhi sono chiusi, ma vedo molto più di prima.
Mi espando ancora e ancora, perdendo la capacità del pensiero.
Ma poi è un attimo per la spaventosa sensazione di cadere che rimane in agguato.
È qui che la paura dà fine al tutto. Riapro gli occhi e tutto torna ad essere sé stesso. Io sono di nuovo io, e riprendo contatto con l’erba, leggermente umida, che tocca la mia mano. L’aria ha un odore familiare e la punta del mio naso è fredda. Torno al normale pensiero nella strana realtà, e riprendo fiato, osservando i dettagli del mondo, che poco prima facevano parte di me.

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